Claudio Bagnasco e Giovanna Piazza
Ricco di riferimenti alla letteratura (già il titolo rimanda a Il mestiere di vivere di Cesare Pavese) e al cinema (aspetti che Marcella Solinas mette in luce nella postfazione), il romanzo dello scrittore argentino Marcelo Damiani, in cui si sente l’inevitabile eco di Borges, non è solo un piacevole divertimento letterario: la sostanziale incompletezza e la sospensione delle figure porta ciascuna di esse ad affacciarsi sulle questioni ultime e qualcuno – León Tolver – tenca anche di dare a esse voce. All’uomo le possibilità paiono infinite e la vita eterna, anche se in realtà non è così, poiché in fondo tutte le costruzioni – anche la letteratura – cercano soltanto l’eternità, cioè la negazione dei limiti della vita umana (in questo romanzo c’è addirittura uno scrittore di prologhi morto che parla). Persino la vita è una costruzione (una finzione, una replica, Vivere è un plagio si leggeva) che si cerca di rendere credibile.
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